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Roberto Gualco
I sapiens all’epoca del Coronavirus
“la bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.
(….)di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.
Dante, Inferno, canto V, 31,43.
Quanti di noi, donne e uomini con certezze, si sono ritrovati, nell’incalzare incredulo di notizie, decreti restrittivi, elenchi di infettati, ricoverati gravi, morti, come in una bufera improvvisa, venuta dalla viscere della terra, senza possibilità di arrestarla e senza un luogo dove ripararsi e non pensare a tutto questo?
Noi siamo i sapiens, siamo noi che abbiamo modificato i luoghi dove abbiamo deciso di vivere, cambiando i paesaggi, soggiogando gli altri animali, piegando le piante ai nostri bisogni e voleri, eppure un essere, centinaia di volte più piccolo di un nostro singolo globulo rosso, cerca di cambiare tutto questo, in un attimo ha cambiato lo scorrere della nostra vita.
Adesso abbiamo tempo, molto più tempo, per farci delle domande e, incredibile ma vero, darci delle risposte senza attendere che qualcuno le dia per noi, che non abbiamo tempo.
Uomini e Piante
Guardando nel nostro profondo mi viene in mente una differenza lontana che distingue gli animali dalle piante.
Da 350 a 700 milioni di anni fa, gli organismi viventi si sono dati una organizzazione differente, le piante si sono divise dagli animali.
Le prime, grazie al meccanismo della fotosintesi hanno potuto non muoversi per nutrirsi, utilizzando l’energia solare, gli animali sono stati costretti a muoversi di continuo, per vivere, sfruttando la stessa energia vitale del Sole.
Il nostro destino di sapiens viene allora da lontano; dobbiamo muoverci, e nei millenni abbiamo dimostrato che sappiamo farlo benissimo, di qua, di là, di sù, di giù……Infatti la maggior offesa per un uomo è proprio quella di essere pigro, uno scalda-divano, apatico, fiacco, poltrone, letargico e chi più ne ha più ne metta.
Già, ma da qualche tempo tutti noi ci stiamo fermando; per andare in giro ci vogliono comprovati motivi e chi sbaglia viene punito.
Difficile non muoversi, vero? Ed ecco una buona, anzi ottima notizia, pare che noi Italiani, con la I maiuscola, nei momenti di grave difficoltà collettiva, sappiamo essere di esempio agli altri popoli, con semplicità ed intelligenza.
I pochi di noi che devono muoversi per salvaguardare tutti gli altri, lo stanno facendo con una silenziosa abnegazione che ci rende orgogliosi di appartenere alla stessa Nazione.
Una unica grande Madre
Il troppo correre ci ha fatto mettere da parte un valore così grande come il sentimento dell’appartenenza, che abbiamo ridotto a poca cosa, pensando che l’appartenenza non uscisse “dai confini del proprio giardino”; invece no e se ci lasciano ancora un poco di tempo per pensare senza correre, forse arriveremo a sentire, sì , a sentire, non capire, un sentimento ancora più forte, quello di appartenere tutti, nessun essere vivente escluso, ad una unica grande madre.
Un’unica grande madre, pensiero che passa dai figli dei fiori (io c’ero) a Greta Thunberg, con pochi seguaci veri e qualche sorrisetto….ma…
A star seduto sul divano, facendo zapping, (poca qualità, tanta spazzatura) qualcosa riesco a utilizzare nelle numerose sinapsi del mio cervello.
L’aria è decisamente migliore senza auto che vanno in giro; adesso sembra poco, ma se questo fermo macchine, (scusate la facile ironia) portasse ad un ripensamento serio del modo di usare il mezzo privato, magari mettendoci un poco di tempo, noi sapiens siamo lenti a carburare (!), forse l’intero sistema potrebbe prometterci una vita migliore.
Perché l’aria non inquinata è una vita migliore, ma per fare l’aria meno inquinata è richiesto lo stesso sentimento di appartenenza che in questo momento ci lega per il coronavirus.
Il senso di appartenenza per una vita migliore
Sempre avendo più tempo per pensare non riesco a non soffermarmi sul concetto di una vita migliore, è incredibile che per colpa di quel fatto avvenuto milioni di anni fa, non ci siamo fermati a pensarci.
Cosa è una vita migliore? Una vita migliore è che tutti siamo più sani, felici, desiderosi di un futuro. Definizione corta ma pregnante. E oggi?
Non facciamo figli perché abbiamo paura del futuro, forse, pensando che ci vogliono soldi per fare un figlio, sicurezza. Il prossimo, specialmente se diverso, o ci è indifferente se non sappiamo chi è, o antagonista, se non nemico.
Ma se il senso di appartenenza si insinuasse in noi come un virus, benigno, si intende, sarebbe ancora così?
Ma se io so di appartenere sono consapevole. Consapevole che se inquino, anche nel mio piccolo, inquino anche qualcosa che appartiene a tutti, quindi a me.
Accidenti al divano……prima non ci avevo pensato.
E se il vero sentimento che ci lega, invece di quello nobile dell’appartenenza fosse quello della paura?
Il coraggio non è lo sprezzo della paura ma la consapevolezza di avere paura e il saper superare la paura stessa.
Allora io vedo molti coraggiosi in giro, perché molti questa paura la stanno superando, non credo per il solo stipendio, ma perché dentro sentono qualcosa di più grande, il sentimento dell’appartenenza, appunto, che spesso viene declinata come senso del dovere.
Questo ultimo pensiero merita di lasciarci, non con una speranza ma con una certezza:
“salimmo su, el primo e io secondo,
tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ‘l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle”.
Dante, Inferno, canto XXXIV, 136,139
Roberto Gualco, già urbanista e sociologo, attualmente pensieroso…
Chi è Roberto Gualco
Roberto Gualco è urbanista e sociologo, inizia la sua carriera dedicandosi alla produzione industriale, quando agli inizi degli anni ’80 in Italia la distribuzione moderna esce dai confini di Milano (Esselunga) e del Grande Magazzino generalista (UPIM, Standa), si occupa della trasformazione del sistema distributivo a partire dalle regioni del nordovest italiano.
Nei 40 anni da allora trascorsi, Roberto Gualco si è dedicato in modo principale all’urbanistica commerciale, cioè a rendere compatibile l’ammodernamento del sistema distributivo con le regole e le identità delle città.
Accanto a quest’attività ne ha sviluppate altre complementari: l’analisi ambientale dei progetti e delle loro alternative, l’urbanistica generale attraverso l’assistenza ai Comuni nel processo di ridisegno della pianificazione territoriale, lo studio dell’edilizia residenziale e ancora l’ideazione di nuovi formati commerciali.
Oggi, superati i 70 anni, si dedica alle tre sue passioni: i suoi nipoti, i lupi e le piante.
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