L'esempio di disastro ecologico: il lago Aral
La scorsa settimana abbiamo parlato di quanto, alle volte, l’uomo si ponga troppo facilmente al centro dell’universo e delle conseguenze che l’Antroposfera ha sul delicato equilibrio del Sistema Terra.
Oggi vedremo un esempio di come un lago, così grande che spesso veniva chiamato “mare”, sia sparito in soli 50 anni.
Parliamo infatti del lago Aral, uno dei più grandi disastri ecologici della storia.
Siamo al confine tra l’Uzbekistan e il Kazakistan nel luogo che era un tempo la casa del più grande specchio d’acqua interno del mondo che oggi ha lasciato spazio ad un deserto. Il quarto lago del Pianeta per superficie, di origine oceanica oggi è un deserto con al centro navi arrugginite.
Perché è scomparso?
Nei primi anni sessanta il governo URSS decise che, per irrigare il deserto al fine delle coltivazioni, principalmente di cotone, sarebbe stato necessario prelevare l’acqua dai fiumi che sfociavano nel lago.
Ma la costruzione dei canali era già iniziata negli anni quaranta, costruendo in modo sbrigativo per cui l’acqua evaporava o filtrava: pensate che si stima che il canale più largo dell’Asia Centrale abbia sprecato oltre la metà dell’acqua che lo abbia attraversato.
Parliamo di quasi 50.000 km di canali che per il solo 28% erano impermeabilizzati, per il solo 77% avevano misuratori di portata per arrivare alle aziende agricole dove circa 270.000 km di canali interni era impermeabilizzato per il 21%. Il tasso di utilizzo dell’acqua per scopi legati all’agricoltura duplicò tra il 1960 e gli anni 2000, insieme alla produzione di cotone.
Ovviamente la somma dei fattori di cui sopra ebbe un costo ambientale rilevante, infatti sin dal 1950 gli abbassamenti del livello erano vistosi, dal 1960 in poi il lago scendeva di livello per 20cm all’anno e dal 1970 in poi la discesa triplico per attestarsi poi tra gli 80 e i 90 cm all’anno nel decennio successivo.
Ma la progressiva scomparsa del lago non preoccupava i sovietici: il lago era condannato e una volta diventato una grande palude acquitrinosa, sarebbe stato facilmente utilizzabile per coltivare il riso.
Il lago aveva perso l’80% del suo volume ed il 60% della sua superficie, la sua salinità era quintuplicata e, non utilizzando inoltre la rotazione delle culture e con un suolo impoverito, era necessario l’uso di enormi quantità di fertilizzanti che hanno inasprito le condizioni di inquinamento della zona.
Nel 2007 il lago era diventato un decimo della superficie originale e le sue acque raggiunsero una salinità, anche portata da uno scarso rimescolamento delle acque di superficie, pari a 100 g/l (valutate che la salinità media marina è di 35 g/l).
Ma ci sono persone che ancora credono di poter far rivivere questa zona: per esempio il Kyzylorda Extension Center che offre corsi pratici sull’agricoltura sostenibile.
Applicando ciò ha appreso Zhandos, figlio di un agricoltore di frutta e verdura, è stato in grado di riabilitare 101 ettari della sua terra, migliorando il drenaggio del terreno piantando alberi tolleranti al sale e proteggendo gli strati superiori del suolo dall’erosione con un riparo di pioppi bianchi.
I suoi sforzi per la sostenibilità, come sempre, hanno prodotto cambiamenti molto più elevati con un impatto di vasta portata limitando, grazie alla sua attività, anche problematiche di desertificazione del terreno e creando una barriera verde protettiva.
La formazione e la divulgazione di conoscenza unite alla volontà del singolo sono alla base del cambiamento, di qualunque natura o dimensione esso si intenda.
Il lago Aral rappresenta l’esempio di uno dei disastri ecologici più grandi causato dalla centralità della specie umana. Oggi però sta divenendo prova delle possibilità dell’uomo e sta donando nuova speranza nell’educazione.
“Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi ed impegnati possa cambiare il mondo. In verità è l’unica cosa che è sempre accaduta.“ — Margaret Mead
di Gianluca Gualco