La perdita di biodiversità
L’importanza della consapevolezza
Secondo una ricerca del WWF solo il 49% degli intervistati in dieci Paesi del mondo pensa che l’equilibrio naturale della Terra sia un problema di cui occuparsi. Una mancanza di consapevolezza contraddetta da un’altra rivelazione: il 70% degli intervistati si sente personalmente responsabile della protezione della natura e della biodiversità.
David Attenboroug, documentarista, ha realizzato il progetto “Our Planet”, con Netflix, con l’obiettivo di accrescere proprio la coscienza di questo tema fornendo un ottimo punto di partenza per spunti e riflessioni ad ognuno di noi.
Il documentario, in otto episodi, racconta le specie più rare e gli habitat fragili del pianeta, rivelando incredibili spettacoli e luoghi di vita sulla Terra. La differenza sostanziale è l’attenzione all’impatto dell’uomo sull’ambiente e all’influenza del cambiamento climatico su tutte le creature viventi.
Ma perché è necessario rimboccarsi le maniche?
La biodiversità, ovvero la varietà delle forme di vita animali e vegetali che popolano la Terra, è un patrimonio unico e prezioso, risultato di 3.5 miliardi di anni di evoluzione: milioni di piante, animali e microrganismi che, sotto la spinta della selezione naturale, si sono adattate ai cambiamenti delle condizioni ambientali.
Un processo che ci ha portato oggi a conoscere circa 1.900.000 specie viventi, ognuna delle quali svolge un ruolo specifico nell’ecosistema in cui vive e proprio in virtù del suo ruolo aiuta l’ecosistema a mantenere i suoi equilibri vitali. La scomparsa di anche una sola di queste potrebbe quindi portare ad un’alterazione irreversibile.
Purtroppo, malgrado gli accordi nazionali e internazionali e l’adozione di misure per far fronte al processo di perdita di biodiversità, questo non solo non è stato arrestato ma procede con ritmi allarmanti, registrando tassi che incidono da 100 a 1000 volte più del normale.
Siamo dunque di fronte a un’estinzione delle specie superiore a quella che la Terra ha vissuto negli ultimi 65 milioni di anni, persino superiore a quella che ha segnato la fine dei dinosauri. Secondo i dati che ci arrivano dalla IUCN (International Union for Conservation of Nature) sono 19.817 le specie considerate minacciate su oltre 63.000 valutate. Tra queste sono inclusi il 41% degli anfibi, il 33% delle barriere coralline, il 25% dei mammiferi, il 13% degli uccelli e il 30% di conifere.
Le principali cause
Le cause principali dell’alterazione della diversità biologica della Terra sono legate all’intervento indiscriminato dell’uomo, che ha alterato profondamente l’ambiente in cui viviamo.
In particolare:
Il consumo di suolo:
Negli ultimi 50 anni la nostra Impronta Ecologica, ossia il nostro consumo di risorse naturali, è incrementata del 190% con un effetto diretto sul consumo di suolo. In uno studio realizzato in 46 paesi dell’ area tropicale e subtropicale è stato documentato che l’agricoltura commerciale e l’agricoltura di sussistenza sono state responsabili, rispettivamente, di circa il 40% e il 33% della conversione forestale tra il 2000 e il 2010. Il rimanente 27% è stata causata dalla crescita urbana, dall’espansione delle infrasfrutture e dalle attività minerarie. Questo progressivo degrado esercita numerosi impatti, diretti ed indiretti, sulla ricchezza della biodiverstià.
Il cambiamento climatico:
I meccanismi con cui i cambiamenti climatici possono mettere a rischio la biodiversità sono diversi: cambiamenti nelle temperature terrestri e marine, modificazioni nel regime delle precipitazioni, nel livello dei mari, nell’estensione e durata dei ghiacci terrestri e marini, nell’albedo, nella frequenza e nell’intensità degli eventi meteorici estremi.
L’analisi curata dalla IUCN, che registra lo stato in cui versano le specie di mammiferi e uccelli, indica che il 47% delle specie di mammiferi marini monitorate il 24,4% degli uccelli 24,4% subiscono l’impatto negativo dovuto ai cambiamenti climatici.
In totale si tratta di circa 700 specie.
L’inquinamento:
Le fonti inquinanti interferiscono con il naturale funzionamento degli ecosistemi alterandone i cicli biogeochimici, causando quindi direttamente o indirettamente perdita di diversità vegetale e animale. Tra le fonti troviamo non solo le industrie e gli scarichi civili ma anche le attività agricole che, impiegando insetticidi, pesticidi e diserbanti, alterano profondamente i suoli.
Un esempio? A causa dei pesticidi negli Stati Uniti è scomparso il 40% delle api. Ma l’inquinamento è anche nei nostri mari. Solo nel Mar Mediterraneo si stima che ogni anno vengano riversate nel nostro mare 600mila tonnellate di petrolio e 570 mila tonnellate di plastica.
Diffusione delle specie esotiche:
Le specie esotiche, talvolta chiamate “aliene", sono piante, animali e altri organismi introdotti dall’uomo, accidentalmente o volontariamente, al di fuori della loro area di origine. Attualmente si stima che siano ben 12.000 le specie aliene introdotte in Europa con un incremento vertiginoso (+96%) negli ultimi 30 anni. Le specie aliene sono considerate un delle minaccia mondiale per la biodiversità, portando alla competizione per le risorse alimentari, a fenomeni di predazione, alla diffusione di malattie.
In conclusione…
Il WWF chiede al pubblico di rimboccarsi le maniche e ai leader globali di difendere il pianeta lavorando insieme per un piano d’azione che sia efficace, un New Deal per la natura e le persone.
Siamo la prima generazione a sapere che stiamo distruggendo il pianeta, ma siamo anche l’ultima che può ancora fare qualcosa per salvarlo.
“Oggi siamo diventati la più grande minaccia per la salute della nostra casa, ma possiamo ancora affrontare le sfide e rimediare ai nostri guasti, se agiamo subito. […] Possiamo creare un mondo con aria e acqua pulite, disponibilità energetica e riserve di cibo sufficienti che ci sosterranno nel futuro”
David Attenborough
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di Marta Boschetto