Il rischio legato alle condizioni microclimatiche: obbligatorietà e metodo di valutazione
Obbligo di legge o valutazione facoltativa?
ll rischio microclima nei luoghi di lavoro viene trattato nel titolo VIII e nell'allegato IV del titolo II del D.lgs. 81/08 (articolo 180,181,182).
Il microclima è definito come uno degli agenti di rischio fisico, dunque, incluso tra i rischi che il Datore di lavoro è obbligato a valutare.
In particolare esiste l’obbligo (sanzionabile) alla valutazione ed all’identificazione delle misure preventive e protettive per minimizzare il rischio.
Inoltre si evidenzia l'esistenza sul web di una specifica Guida INAIL pubblicata nel 2018: “LA VALUTAZIONE DEL MICROCLIMA. L’esposizione al caldo e al freddo quando è un fattore di discomfort e quando è un fattore di rischio per la salute”.
La metodologia corretta di valutazione: PHS o WBGT?
Abbiamo visto come la legislazione chiarisca che il microclima sia a tutti gli effetti un agente di rischio fisico e che di conseguenza vada eseguita una valutazione come previsto dalla legge. Tuttavia, al contrario di quanto avviene per il rischio rumore e altri rischi fisici, la legge non contiene alcuna indicazione relativa ai metodi mediante i quali verificare la presenza e valutare uno stress termico.
In assenza di disposizioni di legge, la materia è di conseguenza interamente delegata alle norme tecniche.
La figura precedente presenta uno schema a blocchi dei rilevanti standard ISO che intervengono in un ideale percorso di valutazione dello stress termico in ambienti caldi.
Inoltre chiarisce che la vigente normativa tecnica sulla valutazione degli ambienti caldi consente di procedere applicando sia il metodo WBGT, descritto nella norma UNI EN ISO 7243:2017 sia il metodo PHS, descritto nella norma UNI EN ISO 7933:2005.
Il metodo WBGT è indubbiamente più semplice ed ha alle spalle molti decenni di applicazione.
Tuttavia il metodo PHS risulta largamente preferibile per i seguenti motivi:
- richiede la misura delle stesse quantità già richieste per l’applicazione del metodo PMV per la quantificazione del comfort termico e quindi non impone strumentazione aggiuntiva
- può essere applicato ad una ampia casistica di situazioni sperimentali, sia in termini di vestiario indossato, dimostrandosi assai più flessibile
- segue l’evoluzione nel tempo delle quantità di interesse fisiologico ai fini della identificazione dello stress termico
- può essere applicato a situazioni ambientali variabili nel tempo, sempre che esse non siano caratterizzate da transienti troppo rapidi
- produce una quantificazione del rischio termico molto più accurata, che si basa su di un’analisi precisa dell’equilibrio energetico dell’organismo del soggetto esposto e della risposta di questo a situazioni di stress termico.
Le sanzioni
È possibile andare incontro a sanzioni se non si fa la valutazione (o se la si fa con metodi non corretti)?
L’omissione della valutazione prevista ai sensi dell’art. 181 comma 2 è sanzionata: arresto da tre a sei mesi o ammenda da 3.071,27 a 7.862,44 euro [Art. 219, co. 1, lett. a)]. Si evidenzia inoltre che una non accurata, incompleta, insufficiente o comunque non adeguata equivale, penalmente, ad una mancata valutazione.
Spesso accade che la valutazione fatta evidenzi che, al raggiungimento di un determinato tempo di lavoro (esempio 6 ore), si raggiunga il “limite di esposizione”. Come agire?
In egual modo la non adozione delle misure di riduzione del rischio (prevista dall’art.182 del D.Lgs.81/08) è sanzionata: arresto da tre a sei mesi o ammenda da 2.457,02 a 4.914,03 euro [Art. 219, co. 2, lett. a)].
Il rischio e la gravità dell'eccessivo affaticamento da calore possono variare molto da individuo a individuo, anche in condizioni identiche di stress da calore. È importante sottolineare che la possibilità di incidenti e di infortuni aumenta con il livello di stress da calore.
3i group è in grado di fornire al cliente il servizio di valutazione in tutte le fasi della sequenza operativa, con l’attenzione e il metodo coerenti con la normativa vigente.