Come sarebbero le nostre città senza auto?
Questa mattina mi sono ritrovato a passeggiare per Alessandria, siamo in zona rossa per il Covid, il traffico era di nuovo pochissimo. Non è la prima volta che durante il lockdown mi sono ritrovato ad avere la sensazione (e credo di non essere solo) che la mia città fosse diventata più vivibile e che si sarebbe finalmente potuto riappropriarsi di alcuni spazi, percorrendoli in bicicletta o a piedi.
Poco rumore, strade libere dal traffico e aria pulita.
Incentivi alle forme alternative di spostamento
Nonostante il distanziamento fisico e le regole severe di spostamento, abbiamo tutti avuto una percezione di migliore qualità del vivere che ha spinto alcuni amministratori, professionisti, urbanisti e sindaci a riflettere su come poter ancor di più incentivare le forme alternative di spostamento in maniera concreta, senza auto.
Come è possibile andare a disincentivare l’uso massiccio delle automobili senza mandare il tilt il trasporto pubblico? Soprattutto quando si ritiene più sicura l’auto privata di fronte al rischio di poter essere contagiati in ambienti sovraffollati. Come è possibile “liberare” alcuni spazi a chi vive in una grande città? Merce rara.
A quest’ultima domanda un gruppo di esperti della Sustainable Solutions aveva già provato a dare risposta pubblicando, alla fine dello studio, l’immagine presente al link qui sotto.
La situazione all'estero
Il 28 di aprile, Elke Van den Brandt, Ministro dei Trasporti Regionali di Bruxelles, esortava i cittadini a lasciare il trasporto pubblico a tutti coloro che non potevano farne a meno, ma di evitare di usare le auto private. Da maggio la città ha cominciato a dare priorità a pedoni e ciclisti, creando 50 chilometri di nuove piste ciclabili e inserendo restrizioni per i veicoli. “Oggi l’inquinamento acustico della città è stato sostituito dal canto degli uccelli, faremo in modo che i suoni del traffico rimangano nel passato”, senza contare il netto miglioramento che c’è stato anche dal punto di vista dell’inquinamento.
Il 15 maggio, Grant Shapps, Ministro dei Trasporti del Regno Unito, diceva in un'intervista: “Durante questa emergenza, milioni di persone hanno scoperto il ciclismo, sia come esercizio fisico sia come mezzo di trasporto sicuro e socialmente distante. Sappiamo che le auto continueranno a rimanere vitali per molti, ma guardando al futuro dobbiamo costruire un paese migliore con abitudini di viaggio più ecologiche, aria più pulita e comunità più sane. Ora che il paese torna al lavoro, abbiamo bisogno che queste persone rimangano in sella alle loro bici e anzi il loro esempio venga seguito da molti altri”.
In Italia
Il 30 aprile a Milano veniva annunciato il Piano Strade Aperte. Nato post lockdown quando la città stava ripartendo per evitare il sovraffollamento dei trasporti pubblici, utilizzati giornalmente dal 55% dei cittadini.
Il piano prevede piste ciclabili (per ora temporanee), nuovi marciapiedi, limiti di velocità a 30km/h e strade prioritarie per pedoni e ciclisti.
Marco Granelli, vicesindaco di Milano: “Abbiamo lavorato per anni per ridurre l’uso dell’auto. Se tutti guidano una macchina, non c’è spazio per le persone, non c’è spazio per muoversi, non c’è spazio per attività commerciali fuori dai negozi. Certo, vogliamo riaprire l’economia, ma pensiamo che dovremmo farlo su una base diversa da prima.”
È quindi chiaro che sta accelerando il cambiamento nelle città, diventa possibile pensare che prima o poi i veicoli a motore saranno gradualmente sostituiti dal paesaggio urbano, gli incroci diventeranno piazze, hub della vita di città; che questa esperienza, abbia portato davvero ad un cambiamento positivo, ad una differente consapevolezza delle necessità e dei bisogni, non solo delle persone, ma anche dei nostri luoghi.
di Gianluca Gualco