Il 17 aprile 2016 saremo chiamati alle urne per un referendum contro la durata indefinita delle trivellazioni per combustibili fossili a mare, entro le dodici miglia marine.
Il quesito referendario:
“Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ‘Norme in materia ambientale’, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: ‘per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale’ ?”
Il percorso del Piano Strategico Nazionale.
Il “Nuovo Corso” tracciato dalla SEN punta a liberare l’azione di governo dalle pastoie dei rapporti con le Regioni, l’esecutivo intende tagliare fuori dal processo decisionale gli enti locali, che in materia di energia verrebbero relegati al mero ruolo di spettatori, velocizzando i processi autorizzativi. Il documento suggerisce di «affrontare la modifica della Costituzione […], per riportare in capo allo Stato le competenze legislative in materia di energia per quanto riguarda le attività e le infrastrutture energetiche di rilevanza nazionale».
Da questa visione accentratrice discende l’ormai celebre (e contestatissimo) Sblocca Italia, approvato nel novembre 2014. Un decreto che prepara il terreno alla riforma del Titolo V della Costituzione, per la quale, l’11 e 12 aprile, è atteso l’ultimo via libera del Senato.
È proprio nel solco di questo disegno politico che l’ormai ex Ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, ha promosso l’emendamento contenuto nel maxiemendamento voluto dal governo alla Legge di stabilità 2015. Con questa modifica, in capo al governo non passavano soltanto le autorizzazioni per la costruzione e la gestione di impianti per l’estrazione di idrocarburi, ma anche «le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento di titoli concessori, comprese quelle localizzate al di fuori del perimetro delle connessioni di coltivazione».
In pratica, a tutti quei progetti che iniziano per “T” e finiscono per “empa Rossa”.
Perchè sorprendersi?
Questo campo, quello del petrolio e del gas, è in tutto il mondo la più grande fonte di corruzione politica e in cambio, ai combustibili fossili vanno 10 milioni di dollari al minuto di incentivi e il “permesso” a devastare enormi estensioni di mare e di terra nei Paesi in via di sviluppo, come dimostrano i processi contro le multinazionali petrolifere – comprese le nostre – e i rapporti dell’Unep e di molte Ong Internazionali (e tutto ciò lo dice il Fondo Monetario Internazionale).
Ed il governo?
Il governo, attraverso il nostro Presidente del Consiglio ci dice che “siamo leader in europa sulle energie rinnovabili, che il nostro obiettivo è quello di arrivare al 50% delle rinnovabili entro fine legislatura sul totale delle energia elettrica“. In compenso affossa le rinnovabili e promuove le trivelle.
Così il settore sta perdendo migliaia di posti di lavoro, solo nel settore eolico l’anno scorso si sono persi 4000 posti di lavoro e gli incentivi ai combustibili fossili aumentano: secondo il Fondo Monetario Internazionale, infatti, nel 2014 l’Italia ha regalato alle fonti energetiche sporche 13,2 miliari di dollari, un dato in crescita rispetto ai 12.8 miliardi del 2013.
Ma i posti di lavoro?
Uno degli argomenti più utilizzati dai fautori delle trivellazioni riguarda gli impatti occupazionali che deriverebbero dalla vittoria dei SI al referendum. In effetti, le ricadute ci sarebbero ma, contrariamente alle preoccupazioni amplificate dalle industrie del comparto, in senso decisamente positivo.
La sospensione delle estrazioni al termine delle concessioni riguarderebbe infatti il ricollocamento, dopo le operazioni di messa in sicurezza dei pozzi, di un numero limitato di persone nell’arco di una decina di anni. La chiusura delle attività di estrazione entro le 12 miglia vedrebbe, d’altra parte, un progressivo aumento di occupati sul versante della pesca e del turismo.
In realtà, la partita che si gioca il 17 aprile è destinata ad avere una valenza ben più elevata, anche dal punto di vista dei posti di lavoro che si potranno creare. Come già successo nel caso del referendum sul nucleare, l’intera strategia energetica del paese verrebbe rimessa in discussione.
Ed esattamente una settimana dopo il referendum, il 22 aprile Giornata mondiale della Terra, Renzi volerà a New York per partecipare alle Nazioni Unite alla raccolta delle adesioni formali all’Accordo sul Clima. Ma ci andrà a mani vuote, a meno che gli annunci come quello del premier Renzi di volere raggiungere in tempi brevi la quota del 50% di produzione elettrica da rinnovabili (un primo risultato del referendum) si traducano rapidamente in strumenti concreti.
L’impatto occupazionale della progressiva chiusura dei pozzi sarà trascurabile. Al contrario, i risultati del referendum lancerebbero un messaggio forte al governo, come già successo in passato con il referendum sul nucleare, per l’avvio di una nuova strategia energetica, una svolta che potrebbe garantire un forte numero di nuovi occupati, valutando comunque che grazie ad una svolta su diversi fronti si potrebbero attivare 100.000 posti di lavoro.
Perché una trivella inquina?
Durante le fasi di coltivazione degli idrocarburi insieme al gas o al greggio vengono estratti grandi volumi di acqua presente nel pozzo, l’acqua di formazione. Questa acqua è stata per migliaia di anni a contatto con gli idrocarburi nei giacimenti e quindi sono ricche di sostanze inquinanti.
Inoltre per aumentare la pressione del giacimenti e migliorare la risalita del combustibile in superficie viene utilizzata dell’acqua aggiuntiva, l’acqua di processo.
Dall’insieme di queste acque, chiamate acqua di produzione, vengono recuperati quasi tutti gli idrocarburi, più densi, che galleggiano nella soluzione acquosa, il resto viene smaltito nuovamente in mare.
Greenpeace ha reso pubblici, pochi giorni fa, i dati mai diffusi dal Ministero dell’Ambiente, relativi all’inquinamento generato da oltre trenta trivelle che bucano il fondo dei nostri mari, dichiarando che i sedimenti nei pressi delle piattaforme sono spesso avvelenati da sostanze inquinanti oltre i limiti fissati dalle norme comunitarie per almeno una sostanza pericolosa. Molte di queste sostanze, purtroppo, sono in grado di risalire la catena alimentare fino a raggiungere gli essere umani.
E gli italiani?
E pensare che secondo Coop Lombardia, Ricola e Gruppo Unipol, gli italiani stanno diventando sempre di più consumatori verso una maggiore sostenibilità, ci sono più familiari tematiche sostenibili nel campo del turismo, della alimentazione delle sostenibilità energetica, siamo sempre più convinti che anche in un periodo di crisi della sostenibilità non si possa fare a meno, siamo più interessati e appassionati, sappiamo cos’è l’energia rinnovabile, facciamo la raccolta differenziata e siamo disposti a spendere per beni sostenibili.